Scienze

Perché gli abitanti di Pompei si conservarono "intatti" mentre a Ercolano furono inceneriti?

Ercolano, dopo l'eruzione del Vesuvio, fu investita da una nube mortale di gas rovente, che incenerì tutti all'istante. Al contrario Pompei, risparmiata dalla prima ondata, fu investita da calore e cenere.

L'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. che distrusse Pompei, si accanì in modo ancora più drammatico sugli abitanti della città balneare di Ercolano. Il prestigioso luogo di villeggiatura (municipio di Roma nell'89 a.C), adagiato su una collina che sovrastava il mare del Golfo di Napoli, all'epoca dell'eruzione contava circa 5mila abitanti. La posizione di Ercolano, situata a est del vulcano (diversamente da Pompei che si trovava a sud, quindi più lontana dall'eruzione) provocò la morte degli abitanti, incenerendoli, in due fasi distinte.

Altre catastrofi... Per capire meglio il fenomeno che colpì Ercolano nel 79 d.C., i ricercatori sono partiti dall'analisi di un altro evento catastrofico simile, ma più recente: l'eruzione del Monte Pelée, sull'isola Martinica (Antille francesi). La mattina dell'8 maggio 1902 ci fu una spaventosa esplosione e una "valanga" di cenere a circa 1.000 °C scivolò sui fianchi del vulcano a 150 km orari. La nube ardente raggiunse in pochi minuti la città di Saint-Pierre, distruggendo tutto e uccidendo 30mila persone. Un evento ritenuto simile alla prima corrente piroclastica che colpì Ercolano.

La furia del vulcano. La prova delle diverse correnti piroclastiche che colpirono Ercolano è stata pubblicata sulla rivista Scientific Reports da un gruppo di scienziati del Dipartimento di Geologia dell'Università di Roma Tre e del Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate – Laboratorio di Osteobiologia Umana e Antropologia Forense dell'Università Federico II di Napoli. Per stabilire i tempi e l'intensità delle diverse ondate, i ricercatori si sono basati sull'analisi della riflettanza di diversi campioni di legno carbonizzato raccolti nel sito archeologico dell'antica Ercolano. In base al grado di carbonizzazione sono riusciti a ricostruire gli eventi termici che hanno investito gli esseri viventi e il centro abitato, dopo l'eruzione.

Vaporizzati. Il primo fenomeno a colpire Ercolano fu quello che gli scienziati definiscono una corrente di densità piroclastica diluita (PDC), una nube di cenere incandescente con temperature comprese tra i 495° C e i 555° C che vaporizzò all'istante, come aveva dimostrato uno studio precedente, chiunque si trovò sulla sua strada, lasciando un sottile strato di cenere sul terreno. La devastante eruzione fu intensa (per le temperature altissime dei gas), ma breve.

Si salvi chi può... Qualche ora dopo il primo flusso piroclastico, però, ne arrivarono altri con temperature più "basse": tra i 465 e i 390° C e i 350 e i 315 °, che seppellirono la città di Ercolano sotto una coltre di cenere spessa 20 metri.

Una gigantesca nube nera, dal cielo, collassò lungo le pendici del Vesuvio, formando una colata piroclastica (composta da gas roventi, cenere, vapore acqueo e frammenti di magma) che si riversò, a 100 km orari, sulla spiaggia della città, senza lasciare scampo ai suoi abitanti, "vaporizzati" dalla colata rovente o inghiottiti da un mare, ormai fatto di lava.

Risorta dalle ceneri. Diversa fu la sorte toccata gli abitanti di Pompei, che invece vennero sepolti vivi da materiale grossolano, come pomici e lapilli. Tuttavia i Pompeiani potrebbero non essere morti per il soffocamento causato dalle ceneri, ma per un'ondata di calore (a circa 300 °C) provocata dall'eruzione. La posizione dei corpi ritrovati, ripiegati su loro stessi, si suppone non fosse dovuta al tentativo estremo di ripararsi dalle ceneri, ma dalle contrazioni muscolari innescate dall'intensità del calore.

Gli abitanti di Pompei, dunque, non sono stati ritrovati inceneriti, ma intatti, nella stessa posizione in cui avevano esalato l'ultimo respiro, come ci mostrano i quattro calchi realizzati per la prima volta, nel 1863, dall'archeologo Giuseppe Fiorelli. La tecnica di Fiorelli, perfezionata nei secoli, prevedeva che il vuoto lasciato dalla decomposizione dei corpi, come un'impronta nella cenere solidificata intorno alle vittime, venisse riempito con il gesso liquido (oggi sostituito dalla resina), in modo da riprodurne fattezze ed esatta posizione.

Ercolano vs Pompei. Secondo lo studio, dunque, il motivo per cui a Ercolano non sono state trovate vittime nelle posizioni caratteristiche di Pompei sarebbe dovuto proprio al flusso piroclastico incandescente, che ha distrutto, tranne un rarissimo caso scoperto nel 2020, i tessuti molli dell'organismo. I ricercatori, infatti, ritengono che un'esplosione di quella portata abbia trasformato le vittime in un mucchio di ossa carbonizzate e cenere, il che spiegherebbe perché corpi ben conservati, come quelli di Pompei, non siano mai stati trovati a Ercolano.

14 aprile 2023 Paola Panigas
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