Spazio

Lucernari di tunnel di lava al polo nord lunare

Come accedere alle gallerie lunari in cui abiteremo? Semplice: dalla finestra! Questi spiragli sono stati localizzati per la prima volta in una regione polare. E sono - forse - anche vicini al ghiaccio...

Alcune piccole buche scoperte in un cratere al polo nord della Luna potrebbero essere ingressi diretti a una rete di tunnel di lava sotterranei. Se poi nei paraggi ci fossero depositi di ghiaccio d'acqua subsuperficiali, queste aperture potrebbero garantire ai futuri esploratori lunari di accedervi più rapidamente, senza bisogno di scavare nella regolite.

Nel luogo giusto. Finora sul nostro satellite sono state individuate oltre 200 piccole cavità, ma queste - trovate analizzando i dati del Lunar Reconnaissance Orbiter - sono le prime situate in una regione polare. Negli ultimi anni i poli lunari hanno guadagnato importanza strategica, in vista di possibili missioni umane: si pensa che nelle aree perennemente in ombra di entrambi i poli si trovino depositi di ghiaccio d'acqua, ma le scarse possibilità di accesso e l'assenza di luce solare li rendevano al momento teoricamente irraggiungibili.

Rifugio con oblò. Le buche si trovano sulla parete nordorientale del Philolaus Crater, sulla faccia visibile della Luna, a circa 550 km dal polo nord. Sono larghe 15-30 metri e completamente in ombra, e costellano una serie di rimae sinuose - i resti collassati di antichi tunnel di lava.

Vicine all'acqua. L'ipotesi è che queste strutture possano essere piccole aperture (i "lucernari") di quel che resta di antichi canali sotterranei scavati dalla lava. Se l'intuizione si rivelasse corretta, le buche garantirebbero non solo una possibile soluzione abitativa, ma anche un accesso più diretto al sottosuolo, e allo stesso tempo alla luce solare, da usare come fonte di energia per eventuali trivellazioni. Trovandosi sul "lato vicino" della Luna, faciliterebbero infine la comunicazione con la Terra.

Per Bill Diamond, presidente del SETI Institute (che ha guidato lo studio insieme al Mars Institute) «la scoperta ci ricorda che la nostra esplorazione di mondi planetari non può limitarsi alla superficie, ma deve essere estesa anche al loro misterioso sottosuolo».

15 gennaio 2018 Elisabetta Intini
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